Altri metodi

L’attenzione a concetti come l’educabilità, la modificazione attiva, l’ educazione cognitiva, la mediazione, se riferiti a soggetti in difficoltà, affonda le sue radici in un passato lontano.

Basti ricordare Victor, il ragazzo selvaggio ritrovato in una foresta del sud della Francia e sottoposto, agli inizi dell’ ‘800, ad un intervento educativo intensivo dal medico Jean Marc Itard; oppure il suo eccezionale seguace, lo studioso Edouard Seguin che, nel 1866, istituì, sempre in Francia, la prima scuola per soggetti in difficoltà. Per non citare Rey, che negli anni ’30 strutturò una serie di esercizi educativi per l’insufficienza mentale; o, ancora, l’americano Skeels (1945) i cui studi aprirono nuove strade educative dimostrando come migliori condizioni ambientali contribuiscano allo sviluppo intellettuale e innalzino il livello del quoziente intellettivo.

In effetti, è possibile affermare che molte delle correnti psicologiche, sebbene in misura e modalità diverse, assegnino da tempo un posto di grande rilievo agli stimoli ambientali, all’educazione e all’apprendimento nello sviluppo cognitivo. Prova ne sono il comportamentismo, i teorici della Gestalt, i neopiagetiani, l’Approccio Umanistico, la psicologia cognitivista, Bruner, Vygotskij, fino ad arrivare, in tempi più recenti, a Jean Louis Paour – che sviluppa un pensiero in cui si distngue tra competenza e prestazione e nel quale si fa riferimento alla modificabilità e alla mediazione – ed a G. Avanzini – che definisce l’educabilità un cantiere aperto.

Quanto detto testimonia quanto si stia facendo strada la consapevolezza che in realtà non esista una stretta corrispondenza tra Q.I. e abilità nel pensare (ciascuno di noi, infatti, per quanto dotato, difficilmente manifesta appieno le sue potenzialità), tanto che persino rapporti ufficiali hanno evidenziato la necessità di puntare ad una formazione delle abilità di base e alla capacità di imparare ad imparare, come ad esempio quello statunitense dell’83 “Una Nazione a Rischio” o i nostri stessi programmi ministeriali, che recitano: “Superare la pura e semplice trasmissione di conoscenze per mettere i giovani nella condizione di imparare ad apprendere ed a pensare. Fornire strumenti metacognitivi attraverso un nuovo ruolo dell’insegnante, non più trasmettitore di conoscenze ma mediatore”.

E’ dunque in accordo con questa linea di pensiero e con questi obiettivi che si reputa utile e necessario proporre un’offerta di programmi specifici di educazione cognitiva quanto più possibile diversificata e varia, sia per target di applicasione sia per strumenti.

Oltre ai più famosi Metodi Feuerstein e Haywood, quindi, ‘Studio Persona’ si avvale di altri due Programmi, credati l’uno dal prof. David Tzurie e l’altro dal prf. David Sasson, rivolti allo sviluppo ed alla consapevolezza delle abilità di base, del problem solving e dell’organizzazione del pensiero, grazie all’interazione mediata del soggetto con il formatore che svolge il ruolo fondamentale di attivatore di tali processi.